RIUNIONI PARTECIPATE

by Steve Atkerson

Il primo cantico comincia in orario alle 10.30 di domenica mattina. Prima di ciò, le persone si abbracciano e si salutano a vicenda, portando il cibo o i bambini all’interno della casa, prendendo una tazza di caffè dalla cucina o andandosene in giro a parlare. Quel primo cantico è il segnale rivolto a tutti per riunirsi nel soggiorno, affinché possa avere inizio il momento più formale della riunione. Solitamente sono presenti circa dieci famiglie e due single. Contando i bambini, ci sono intorno alle cinquanta persone. Alcuni sono soliti arrivare in ritardo. Generalmente ci sono sedie a sufficienza per gli adulti, mentre i bambini si siedono per terra vicino ai genitori. I bambini piccoli colorano o giocano silenziosamente con i giocattoli per tutta la riunione. Le persone sono vestite in modo informale e comodo.

I musicisti (un banjo, un djembe, due chitarre e un mandolino) non cercano di essere dei “worship leader” [conduttori dell’adorazione]. Il loro scopo è semplicemente di accompagnare e sostenere il canto del gruppo. Vengono cantati quei pochi o quei molti cantici richiesti dai presenti. Spesso, fra i cantici, viene offerta una preghiera spontanea, che talvolta porta a dei periodi più lunghi di preghiera colloquiale. Non c’è alcun programma o comunicato di servizio, sebbene tutto sia fatto in modo appropriato e ordinato. Può parlare solo una persona alla volta. La direttiva principale è che qualunque cosa sia detta o fatta dev’essere destinata a edificare, incoraggiare o rafforzare l’intera chiesa.

A volte insegnano diversi fratelli. In altre settimane, nessuno porta un insegnamento. Quanti sono incaricati di insegnare si preparano prima della riunione, ma raramente viene messo ufficialmente in programma qualcuno per farlo. Disseminate fra i cantici e gli insegnamenti, vengono condivise testimonianze sulla provvidenza di Dio, sulle lezioni apprese, sulle preghiere esaudite, su avvenimenti incoraggianti, ecc. Talvolta ci sono periodi di silenzio. Spesso un operaio cristiano in visita farà il resoconto del suo ministero e dell’opera di Dio in altri posti.

Non è uno show o una rappresentazione. Non c’è né un moderatore né un cerimoniere. A meno che non vi sia un problema da risolvere, un visitatore non saprà nemmeno chi siano i conduttori. Non c’è un orario di chiusura ufficiale della riunione, che spesso dura un’ora e mezza o due. La conclusione giunge o quando tutti quelli che desiderano cantare o parlare lo hanno fatto, o quando i bambini hanno raggiunto il limite della sopportazione, oppure quando la fame induce un po’ tutti a concludere. In genere, la riunione si chiude con la preghiera. In seguito, le persone restano ad avere comunione per tutto il tempo che desiderano farlo. Solitamente la riunione sfocia nella Cena del Signore, un pasto completo gustato da tutti.

La riunione ecclesiale appena descritta non è immaginaria. Riunioni del genere hanno luogo in ogni Giorno del Signore nel mondo intero. Si verificano perfino in posti improbabili come l’Inghilterra, l’America, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda! Esse s’ispirano alle riunioni ecclesiali descritte nel Nuovo Testamento. I credenti di oggi sono così abituati a frequentare la chiesa in santuari speciali con vetrate istoriate, campanili, organi a canne, banchi, pulpiti, cori, avvisi e “worship leader” che si dà per scontato che la Scrittura ordini tutto questo popò di roba. La realtà è che le riunioni ecclesiali del Nuovo Testamento erano assai diverse da quanto viene solitamente praticato oggi.

 

ARGOMENTAZIONI BIBLICHE IN FAVORE DELLE RIUNIONI PARTECIPATE

Le riunioni ecclesiali partecipate sono davvero scritturali. Ad esempio, Paolo chiese ai Corinzi: “Che dunque, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione” (1 Cor 14:26).

Se la Scrittura avesse usato le parole “solo uno” anziché “ciascuno”, quale delle due avrebbe descritto meglio la maggior parte dei culti delle chiese odierne? È chiaro dal testo che quelle riunioni ecclesiali delle origini fossero molto diverse da quanto accade spesso oggi. C’erano interazione, spontaneità e partecipazione. In un certo senso, non c’erano davvero degli spettatori perché tutti i fratelli erano potenziali protagonisti (a seconda dei doni e della guida dello Spirito).

La natura generalmente spontanea e partecipata delle riunioni della chiesa primitiva traspare anche dai regolamenti riguardo a coloro che parlavano in lingue: “Se c’è chi parla in altra lingua, siano due o tre al massimo a farlo, e l’uno dopo l’altro, e qualcuno interpreti. Se non vi è chi interpreti, tacciano nell’assemblea e parlino a sé stessi e a Dio” (1 Cor 14:27-28).

Queste persone che parlavano in altre lingue erano programmati in anticipo? Sembra improbabile, vista la natura soprannaturale del dono. Che le riunioni fossero partecipate si evince dal fatto che potevano parlare in lingue fino a tre persone e che c’era bisogno della presenza di un interprete.

Un ulteriore indizio della natura partecipata delle riunioni si ricava dalle linee guida fornite ai profeti in 1 Corinzi 14:29-32, dove abbiamo quest’informazione: “Anche i profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino” (14:29). La natura spontanea della loro partecipazione emerge anche in 14:30-31a: “Se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente taccia. Infatti tutti potete profetare a uno a uno”. Chiaramente, alcuni dei profeti partecipavano alla chiesa senza programmare di dire qualcosa, ma poi ricevevano una rivelazione mentre se ne stavano seduti ad ascoltare.

Uno dei brani più controversi del Nuovo Testamento ricorre in 1 Corinzi 14:33b-35, e riguarda il silenzio delle donne nelle riunioni. A prescindere da come s’interpreti questo passo, non ci sarebbe stato alcun bisogno che Paolo toccasse quest’argomento se le riunioni ecclesiali del I sec. non fossero state partecipate. Sarebbe stato quasi inutile che Paolo scrivesse questo alle chiese di oggi, dato che, in genere, non è permesso a nessuno di parlare ad eccezione dello staff pastorale. In 14:35 è sottinteso che le persone ponessero domande agli oratori durante la riunione ecclesiale: “Se vogliono imparare qualcosa, interroghino i loro mariti a casa”. Anche se Paolo avesse inteso dire soltanto che le donne non dovevano essere le persone a porre le domande, restava comunque il fatto che gli uomini erano liberi di farlo. Il punto da cogliere è che una riunione di chiesa non dovrebbe essere un “one-man show” [lo spettacolo di un singolo attore]. Devono esserci contributi per l’edificazione e l’incoraggiamento da parte di coloro che si sono riuniti.

Quasi ogni lettera del Nuovo Testamento era un “documento occasionale”, perché era scritta in risposta a qualche problema locale. Evidentemente, alcuni a Corinto volevano condurre le loro riunioni in modo diverso da come richiede questo passo. Alcuni aspetti delle riunioni ecclesiali di Corinto erano probabilmente fuori luogo. Questo risulta ovvio dalla natura delle due domande poste loro da Paolo: “La parola di Dio è forse proceduta da voi? O è forse pervenuta a voi soli?” (1 Cor 14:36).

Chiaramente, la Parola di Dio non era proceduta dai Corinzi, e certamente essi non erano gli unici cui essa fosse pervenuta. Queste domande furono così formulate per convincere i credenti corinzi che essi non avevano né il diritto né l’autorizzazione di condurre le loro riunioni in qualunque altro modo diverso da quanto prescritto dagli apostoli. Pertanto, qualunque cosa fosse valida per la chiesa corinzia è valida anche per noi. La correzione ispirata serviva a regolare la partecipazione ordinata alle riunioni ecclesiali, non a proibirla. Paolo scrisse: “Pertanto, fratelli, desiderate il profetare, e non impedite il parlare in altre lingue; ma ogni cosa sia fatta con dignità e con ordine” (14:39-40).

Tenere delle riunioni ecclesiali in questo modo, generalmente spontaneo e partecipato, viene dichiarato essere, di fatto, un comandamento. Infatti, in 1 Corinzi 14:37 è scritto: “Se qualcuno pensa di essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo sono comandamenti del Signore”. Pertanto, 1 Corinzi 14 non descrive semplicemente le riunioni della chiesa primitiva, quanto piuttosto prescrive il modo in cui nostro Signore si aspetta che siano condotte le riunioni di tutta la chiesa. Non tutte le riunioni dei credenti devono essere partecipate, ma solo quelle regolari di tutta la chiesa nel Giorno del Signore. Sono appropriati anche altri tipi di riunioni, che potrebbero non essere partecipate (crociate evangelistiche, culti di adorazione, seminari, ecc.). Bisognerebbe evitare, però, che le riunioni più grandi, dove pochi scelti esercitano i loro doni ministeriali, sostituiscano la riunione settimanale e partecipata della chiesa locale che si tiene nel Giorno del Signore.

Quando comprendiamo il contesto storico della chiesa primitiva, non sorprende che le riunioni della chiesa del I sec. fossero partecipate. Nella maggior parte delle zone dell’Impero Romano, i primi credenti erano giudei. Essi erano abituati a riunirsi nel tipico contesto sinagogale che, almeno in una certa misura, era aperto alla partecipazione dei presenti. Un esame del libro degli Atti rivelerà che gli apostoli non avrebbero mai potuto evangelizzare così come fecero se le sinagoghe non avessero consentito che le persone congregate apportassero il loro contributo (13:14-15; 14:1; 17:1-2, 10; 18:4; 19:8). A quanto sembra, agli apostoli era sempre permesso di parlare nelle riunioni della sinagoga. Se le riunioni sinagogali del I sec. fossero state simili alla maggior parte dei culti di adorazione delle chiese del XXI sec., Paolo e i suoi collaboratori avrebbero dovuto trovare un altro modo per raggiungere i Giudei con il Vangelo!

Esistono anche altri indizi biblici. In Atti 20:7 scopriamo che Paolo “parlava” (“fece loro un sermone”, Diodati) alla chiesa di Troade, prolungando il discorso fino a mezzanotte. Il termine greco tradotto “parlare” è dialégomai, che anzitutto significa “considerare e discutere, ragionare”. Infatti, la nostra parola italiana “dialogo” deriva da qui. Quella riunione a Troade era probabilmente partecipata. Essendo uno che aveva conosciuto Gesù in persona, sicuramente Paolo tenne la maggior parte del discorso, ma il modo in cui insegnava non era necessariamente un monologo ininterrotto.

C’è qualcosa di più. L’autore di Ebrei incitò i suoi lettori a “non [abbandonare] la [loro] comune adunanza come alcuni [erano] soliti fare, ma [a esortarsi] a vicenda” (10:25). Quando si riunivano, i primi credenti si incoraggiavano a vicenda. È chiaro che essi si riunissero per far questo. Naturalmente, tale incoraggiamento richiede l’interazione. Inoltre, in Ebrei 10:24 i credenti vengono istruiti a riunirsi per spronarsi a vicenda all’amore e alle opere buone. Anche questo richiede interazione. Quante cose fatte “a vicenda” si verificano davvero in un odierno culto di adorazione?

Lo scopo generale di qualunque cosa fosse fatta in una riunione ecclesiale era, secondo Paolo, “per l’edificazione” (14:26). Il termine greco utilizzato qui, oikodomê, significa “costruzione” o “edificio”. Nel suo dizionario, Thayer ha fatto notare che si tratta dell’azione di qualcuno che promuove la crescita di un’altra persona nel Cristianesimo. Pertanto, qualunque commento fatto in una riunione ecclesiale dovrebbe mirare a incoraggiare, edificare o rafforzare gli altri credenti presenti. Se non lo fa, è inappropriato e non dovrebbe essere fatto. Qualunque insegnamento tenuto dev’essere sia vero sia incoraggiante. Perfino le domande devono essere mirate, in ultima analisi, a rafforzare l’intera assemblea. Tutti i cantici devono edificare. È necessario che ogni testimonianza edifichi la chiesa. Come disse Pietro: “Se uno parla, lo faccia come si annunziano gli oracoli di Dio” (1 Pt 4:11). In armonia con questo, Paolo incoraggiava la profezia al di sopra del parlare in lingue pubblicamente. Questo perché tutti quelli che profetizzavano in una riunione ecclesiale parlavano agli altri per la loro “edificazione, esortazione e consolazione” (1 Cor 14:3, ND), con il risultato che la chiesa riceveva “edificazione” (14:5). Ai Corinzi venne insegnato a cercare di abbondare nei doni spirituali “per l’edificazione della chiesa” (14:12). Tutto questo punta alla natura partecipata delle riunioni della chiesa primitiva (partecipata nel senso che, potenzialmente, qualunque fratello poteva rivolgersi all’assemblea).

Un’ultima osservazione: si fa comunemente riferimento alle riunioni ecclesiali di oggi definendole “culti di adorazione”. Questa dicitura suggerisce che il motivo delle riunioni cristiane regolari sia di adorare Dio. Eppure, il Nuovo Testamento non fa mai riferimento a una riunione ecclesiale definendola “culto di adorazione”. Come già abbiamo visto, la Scrittura indica che la chiesa primitiva si riuniva anzitutto con lo scopo della mutua edificazione e del rafforzamento vicendevole.

Non fraintendetemi. L’adorazione collettiva può contribuire certamente al rafforzamento della chiesa. L’adorazione, però, non è l’unica attività in grado di edificare. Il problema risiede parzialmente nel fatto di definire la riunione un “culto di adorazione”. Primo, le riunioni ecclesiali devono essere aperte ai contributi significativi dei partecipanti, non dei culti in cui tutto venga fatto per loro. Secondo, una tale definizione suggerisce che l’adorazione sia l’unica attività appropriata che debba aver luogo. Altri modi di edificazione sono considerati meno importanti. Le persone sono portate ad aspettarsi di provare delle emozioni come quelle associate all’architettura delle cattedrali, alle candele, ai santuari silenziosi, alle vetrate istoriate, alla musica solenne e alla presentazione di un programma che, in buona sostanza, è uno spettacolo. Con tali aspettative antibibliche, un incontro davvero biblico alla 1 Corinzi 14 sembrerà strano, sgradevole o finanche sconcertante.

Perciò, dove si deve fare l’adorazione? Gesù disse alla donna al pozzo: “L’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre” (Gv 4:21). Dicendo questo, Egli mise in chiaro che l’adorazione del Nuovo Patto non avrebbe avuto nulla a che fare con un posto in particolare. Essa trascende le ore 11.00 di una domenica mattina e non dovrebbe essere localizzata in alcun edificio ecclesiastico.

Nel Nuovo Testamento, ci sono due parole greche principali per indicare l’adorazione. La prima è proskyné? e si riferisce a un atteggiamento di timore reverenziale verso Dio. È l’umiltà verso il Padre. È riverenza, apprezzamento, timore e stupore.

Questo atteggiamento di devozione interiore si manifesta praticamente nel secondo termine neotestamentario per indicare l’adorazione o il culto (latréia), il quale si riferisce a uno stile di vita di ubbidienza e servizio. Pertanto, l’adorazione è sia un atteggiamento sia un’azione. Come ha scritto Francis Scott Key in un inno: “E poiché le parole non potranno mai bastare, la mia vita dovrà la Tua lode mostrare”. Perciò, sebbene la nostra partecipazione alla riunione ecclesiale settimanale sia indubbiamente un atto di culto di adorazione, lo saranno anche lavorare onestamente, discepolare i nostri figli, amare le nostre famiglie, ecc. La nostra vita quotidiana dev’essere un continuo atto di culto di adorazione.

La riunione domenicale è a beneficio delle persone presenti. Non è Dio ad aver bisogno di rafforzamento, giacché Egli non è debole. Il Signore non ha bisogno di essere incoraggiato, poiché Egli non è né stanco né scoraggiato. A Gesù non manca niente, ma al Suo popolo manca certamente qualcosa. Quindi, lo scopo principale di una riunione ecclesiale è di dotare il popolo di Dio affinché esca ad adorarLo e servirLo per un’altra settimana (Eb 10:24-25); è per motivare gli eletti a un’adorazione e a un’ubbidienza più profonde.

 

ARGOMENTAZIONI LOGICHE IN FAVORE DELLE RIUNIONI PARTECIPATE

È un semplice dato di fatto storico che la chiesa primitiva s’incontrava nelle case dei suoi membri. Non fu edificata alcuna costruzione ecclesiastica speciale durante l’èra neotestamentaria, né durante i successivi duecento anni. Questo significava necessariamente che le loro riunioni erano più piccole anziché essere più grandi. Un ambiente più piccolo avrebbe eliminato, essenzialmente, la possibilità che quelle riunioni originarie consistessero in un sermone eloquente tenuto a una folla ammassata di ascoltatori silenziosi.

Dopo che il Cristianesimo fu fatto diventare la religione ufficiale dell’Impero Romano, i templi pagani furono trasformati, per decreto governativo, in edifici ecclesiastici. I credenti furono sottratti alle loro riunioni domestiche e ammassati in grandi basiliche. Naturalmente, adunanze così grandi avevano più il sapore di uno spettacolo o di un culto. L’insegnamento partecipato venne a scomparire, e l’istruzione divenne un insegnamento in forma di monologo. Le domande da parte del pubblico non erano permesse. Si perse la spontaneità. La partecipazione individuale venne soffocata. L’aspetto dell’“a vicenda” di un’assemblea divenne impossibile. L’informalità cedette il passo alla formalità. I conduttori della chiesa cominciarono a indossare abiti speciali. Furono introdotti alcuni “ausili” per l’adorazione: incenso, icone, gesti delle mani, ecc. Questo continua ancora oggi, in misura inferiore o maggiore. In breve, si abbandonò il modo di fare neotestamentario per adottare delle forme d’invenzione umana.

Che tipo di riunione ecclesiale soddisfa maggiormente i bisogni del popolo di Dio? Certamente deriva un gran bene dalla proclamazione settimanale della Parola di Dio da parte di quei conduttori ecclesiali che sono comunemente conosciuti come predicatori o pastori-insegnanti. Recano beneficio anche i cantici di adorazione — ricchi d’ispirazione — dei grandi inni della fede. Eppure, biblicamente, si suppone che vi sia qualcosa di più in una riunione ecclesiale della semplice frequentazione di un culto.

Consentire a qualunque dei fratelli che lo desideri di partecipare verbalmente nella riunione permette un’opera maggiore dello Spirito, in quanto cominciano a funzionare i vari doni ministeriali. Non consentire loro di funzionare provoca atrofia e perfino apatia. Secondo quanto scrisse Paolo, Dio potrebbe spingere diversi fratelli, indipendentemente gli uni dagli altri, a portare un insegnamento. L’apprendimento aumenta quando vengono poste delle domande appropriate all’oratore. Possono essere fatte applicazioni ed esempi da parte del corpo in generale, in aggiunta a un insegnamento. I nuovi credenti imparano in che modo pensare biblicamente, con la mente di Cristo, osservando i credenti più maturi ragionare fra loro. La maturità subisce un’impennata. I fratelli cominciano a sentirsi parte della riunione, a sentirsi responsabili di ciò che succede e a diventare partecipanti attivi anziché spettatori passivi.

 

LA TESTIMONIANZA DEGLI STUDIOSI IN FAVORE DELLE RIUNIONI PARTECIPATE

Che le riunioni ecclesiali del Nuovo testamento fossero completamente aperte e partecipate, senza nessuno che guidasse stando di fronte agli altri, trova concordi gli studiosi. Ad esempio, il dr. Henry Sefton, in A Lion Handbook — The History of Christianity, ha affermato: “Il culto nella chiesa domestica era svolto in un certo tipo d’intimità in cui tutti i presenti svolgevano una parte attiva. […] [Questo] ebbe a cambiare e, da essere ‘un’azione collettiva di tutta la chiesa’, divenne ‘un culto svolto dal clero al quale assistevano i laici’” .

Ernest Scott, in The Nature of the Early Church, scrive: “L’esercizio dei doni spirituali era pertanto l’elemento caratteristico nel culto primitivo. Quei doni potevano variare nella loro natura e nel grado a seconda della capacità di ciascun individuo, però erano conferiti a tutti, e veniva concesso dello spazio nel culto per la partecipazione di tutti i presenti. […] Ci si aspettava che ogni membro contribuisse con qualcosa di suo nel culto comune” .

Nel “Mid America Baptist Theological Journal”, il dr. J. Milikin ha affermato che nelle congregazioni cristiane primitive “c’era a quanto pare una libera espressione dello Spirito. Nell’assemblea pubblica, una persona poteva avere un salmo, un’altra un insegnamento, un’altra una rivelazione, un’altra un parlare in altra lingua, un’altra un’interpretazione” .

Il dr. John Drane, in Introducing the New Testament, ha scritto: “Nei primissimi tempi […] il loro culto era spontaneo. Sembra che questo fosse considerato l’ideale, perché quando Paolo descrive in che modo dovrebbe procedere un incontro ecclesiale, descrive una partecipazione da parte di molti, se non di tutti, guidata dallo Spirito. […] Il fatto era che chiunque aveva la libertà di partecipare in un culto del genere. Nella situazione ideale, quando ognuno era ispirato dallo Spirito Santo, questa era l’espressione perfetta della libertà cristiana” .

A.M. Renwick, scrivendo in The Story of the Church, ha detto: “L’essenza stessa dell’organizzazione ecclesiale come della vita e del culto cristiani […] era la semplicità. […] Il loro culto, sotto la guida dello Spirito Santo, era libero e spontaneo, e non era ancora diventato inflessibile a causa dell’impiego dei manuali devozionali” .

 

CONSIDERAZIONI PRATICHE

Un aspetto delle riunioni neotestamentarie che è ancora praticato oggi è il canto. La chiesa efesina venne ammaestrata con le parole: “[…] parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore” (Ef 5:19). Similmente, i Colossesi furono così esortati: “La parola di Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando con grazia nei vostri cuori al Signore” (Col 3:16, ND). Forse ai credenti di oggi non è così familiare, però, quell’enfasi sul cantare “gli uni gli altri” (Ef 5:19; Col 3:16, ND). Secondo 1 Corinzi 14:26, ciascuno dei fratelli aveva l’opportunità di portare un salmo. Non c’è mai alcun accenno nel Nuovo Testamento a un ministro della musica o a un “worship leader” che controlli il canto. È certamente una benedizione avere dei musicisti di talento che possano assistere la congregazione nell’adorazione e nel canto. Tuttavia, per essere fedeli alla prescrizione neotestamentaria, i musicisti devono stare attenti a non esibirsi come chi stia facendo spettacolo su di un palco. Ai fratelli della chiesa dev’essere data la libertà e la responsabilità di chiedere quali cantici cantare e quando.

Su una nota affine (il bisticcio di parole è intenzionale!), alcuni cristiani sono categoricamente contrari all’impiego di strumenti musicali nelle riunioni ecclesiali. Tuttavia, il termine greco per “salmo” (1 Cor 14:26) è tradotto da psalmós, il quale significa in buona sostanza “canto accompagnato da uno strumento a corda”. Poiché gli strumenti non sono proibiti, e visto che non c’è alcun comando esplicito e specifico di non usarli, questo è probabilmente un problema riguardo a cui ogni chiesa ha la libertà di stabilire la propria pratica.

Un altro aspetto delle riunioni della chiesa primitiva che viene ancora praticato oggi è l’insegnamento della Parola di Dio. Nostro Signore incaricò gli apostoli di fare discepoli tutti i popoli, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che Egli aveva loro comandate (Mt 28:20). Di conseguenza, apprendiamo da Atti 2:42 che la chiesa gerosolomitana era dedita all’insegnamento degli apostoli. Inoltre, l’insegnamento rientra nell’elenco dei doni spirituali sia di Romani 12:7 che di 1 Corinzi 12:28. Per di più, uno dei requisiti di un anziano è che sia capace di insegnare (1 Tm 3:2). Gli anziani che si affaticano nell’insegnamento sono degni di doppio onore (il sostegno finanziario [1 Tm 5:17-18]). In 1 Corinzi 14, però, l’insegnamento è inserito fra le altre attività in un modo abbastanza noncurante. All’insegnante non è data la preminenza che si vede oggi in una tipica riunione ecclesiale. A ciascuno dei fratelli che godeva di buona reputazione nella chiesa era data l’opportunità di contribuire con un insegnamento (14:26).

Tutto questo, nell’insieme, richiede da noi un apprezzamento dell’importanza di quanti sono chiamati a un ministero d’insegnamento, eppure bisogna consentire anche l’opportunità a qualunque altro fratello di insegnare nelle nostre regolari riunioni alla 1 Corinzi 14. Praticamente, dovrebbe anche suggerire che ogni insegnamento durante un incontro in stile 1 Corinzi 14 sia più breve, anziché più lungo, così da dare l’opportunità ad altri che potrebbero desiderare d’insegnare.

Sorprendentemente, in 1 Corinzi 14 i pastori e gli anziani non sono nemmeno menzionati. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che i pastori non dominavano questo genere di riunioni con i loro insegnamenti. Questo non significa che gli anziani non insegnassero nelle riunioni, ma risulta chiaro da 1 Corinzi 14 che anche chi non era anziano aveva l’opportunità di farlo. Ecco perché l’autore di Ebrei fece quest’affermazione generica: “Infatti, dopo tanto tempo dovreste già essere maestri” (5:12). Che non avesse in mente i conduttori si evince dal suo saluto (“Salutate tutti i vostri conduttori” [13:24]), il quale rivela che egli non si aspettava nemmeno che gli anziani leggessero la lettera! Tuttavia, solo perché esiste l’opportunità che qualcuno insegni, non ne consegue necessariamente che costoro dovrebbero insegnare. Gli anziani devono ricordare alla chiesa l’avvertimento di Giacomo: “Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio” (3:1). L’ammonimento di Giacomo ha senso alla luce degli incontri intimi e partecipati che caratterizzavano la chiesa primitiva.

Questa libertà di insegnare per qualunque fratello è precisamente il motivo per cui c’è più bisogno degli anziani. Se un fratello porta un insegnamento sbagliato o un’applicazione errata, gli anziani devono correggere dolcemente l’errore. Timoteo, un operaio apostolico collocato temporaneamente a Efeso, doveva “ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse” (1 Tm 1:3). La Scrittura ci dice anche che una qualifica per un anziano è che egli sia “attaccato alla parola sicura, così come è stata insegnata, per essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono” (Tt 1:9). Similmente, a Tito fu detto: “[…] esorta e riprendi con piena autorità. Nessuno ti disprezzi” (Tt 2:15). L’attempato apostolo Giovanni mise in guardia da qualcuno che era conosciuto e voleva ingannare: “[…] non lo ricevete in casa, e non salutatelo” (2 Gv 1:10). (È facile vedere come le istruzioni di Giovanni potessero essere applicate alle chiese in casa con delle riunioni partecipate).

Ovviamente, alcuni fratelli sono qualificati ad insegnare assai più di altri. Un uomo anziano e pio, con il talento dell’insegnante, che ama il Signore e che ha studiato la Bibbia e servito la gente per tutta la vita, avrà delle profonde riflessioni da condividere con la chiesa. Soprattutto in presenza di tali uomini, il resto dovrebbe essere “pronto ad ascoltare, lento a parlare” (Gc 1:19). Dovrebbero essere ritagliati dei momenti speciali per dare a una persona simile l’opportunità di esporre la Parola di Dio. Tuttavia, queste riunioni d’insegnamento dovrebbero essere considerate riunioni per gli operai o riunioni apostoliche, oppure riunioni ministeriali, non riunioni ecclesiali alla 1 Corinzi 14. Ci sono un tempo e un posto per entrambe le cose. Anziché molta partecipazione da parte di una sola persona, la riunione ecclesiale in un Giorno del Signore dev’essere caratterizzata da un piccolo contributo da parte di molte persone.

Le chiese carismatiche e pentecostali sono abbastanza abituate alle rivelazioni, alle lingue e alle interpretazioni. Le chiese che praticano tali doni dovrebbero essere certe di attenersi strettamente alle linee guida di 1 Corinzi 14:26-32. Le lingue senza interpretazione non devono essere permesse. C’è un limite al numero di coloro che parlano davvero in lingue. Dovrebbe parlare soltanto una persona alla volta. Le profezie vanno giudicate, e chiunque desideri profetizzare deve sapere in anticipo che le sue parole saranno soppesate attentamente. Indubbiamente, alcuni fenomeni fatti passare per lingue e profezie sono contraffazioni. Affrontare questo campo può essere fonte di confusione e frustrazione a causa dell’immagine di iperemotività e instabilità legata spesso a questi doni. Forse è per questo che ai Tessalonicesi era stato detto: “Non disprezzate le profezie; ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene; astenetevi da ogni specie di male” (1 Ts 5:20-22). In mezzo a tutte queste enunciazioni soprannaturali, dev’esserci ordine: “Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti, perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace” (1 Cor 14:32-33). Gli anziani svolgono un ruolo chiave nel fare in modo che tutto ciò che accade nella riunione sia fatto “con dignità e con ordine” (1 Cor 14:40).

Alcune chiese credono che i doni carismatici siano cessati nel I sec., oppure di non avere nessuno fra i presenti che abbia un dono. Anche in questo caso, resta il principio delle riunioni partecipate. I fratelli dovrebbero essere ancora liberi di portare spontaneamente degli insegnamenti, di richiedere o introdurre dei cantici, di condividere testimonianze, offrire preghiere, porre domande, ecc. Eppure, nonostante i loro sospetti teologici, costoro dovrebbero fermarsi a leggere quanto insegna chiaramente la Scrittura: “[…] non impedite il parlare in altre lingue” (1 Cor 14:39). Forse le lingue sono davvero cessate, ma forse no. Siamo davvero così sicuri della nostra teologia da essere disposti a contraddire direttamente un comando biblico?

Un’altra considerazione pratica per le riunioni partecipate riguarda l’idea di un moderatore o di un cerimoniere. Notate che non ne viene menzionato alcuno in 1 Corinzi 14. A mano a mano che una chiesa matura nello sperimentare le riunioni partecipate, diminuirà il bisogno di qualcuno che moderi la riunione. Idealmente, una persona che visiti una chiesa che funziona nel modo giusto non dovrebbe nemmeno accorgersi di chi sono i suoi conduttori, a meno che non vi sia un problema che richieda correzione.

In 1 Corinzi 14:38 venne lanciato un monito dall’autore ispirato. Dopo aver affermato che queste riunioni ordinate e partecipate sono “comandamenti del Signore” (14:37), mette poi in guardia dicendo che chiunque non riconosca quanto è stato scritto non dovrebbe essere riconosciuto (CEI). Sebbene non sia chiaro che cosa s’intenda esattamente, era minacciato un qualche genere di castigo. Dovrebbe essere pagato un prezzo quando non si riconoscono i comandamenti del Signore per le riunioni ecclesiali.

 

PROBLEMI DA ASPETTARSI

Gli autori di questo libro hanno accumulato, complessivamente, molti anni di esperienza pratica degli incontri partecipati. Abbiamo osservato che ci sono alcuni problemi tipici che ci si deve aspettare. Li descriviamo dettagliatamente, nelle pagine seguenti, nella speranza che quanti hanno appena cominciato a sperimentare gli incontri partecipati possano evitare alcune trappole fra le più comuni.

La sindrome dei banchi. La maggior parte delle persone che provengono da una chiesa, dopo aver frequentato culti per anni, è portata a restare seduta in silenzio, come se guardasse la TV. Ci vogliono incoraggiamento e pazienza per sconfiggere tutto questo. All’inizio, la partecipazione significativa sembrerà imbarazzante per queste persone. L’incitamento e l’incoraggiamento continui da parte dei conduttori durante la settimana potrebbero essere necessari finché le persone non “infrangano la barriera del suono”. I conduttori possono stimolare l’interazione chiedendo: “C’è una testimonianza che il Signore vorrebbe che portaste? C’è un cantico che potrebbe edificare la chiesa? C’è qualche argomento o passo della Scrittura su cui potreste insegnare?”.

Se si tendesse una corda su un fiume a livello dell’acqua, vi resterebbero impigliate varie cose col passare dei giorni, cose che altrimenti, in passato, sarebbero state trasportate dalla corrente. Similmente, pensare per tutta la settimana a cosa portare alla riunione è di grande aiuto. Se nessuno portasse del cibo all’agape, il banchetto d’amore, non ci sarebbe molto da banchettare. Similmente, se nessuno viene alla riunione preparato a contribuire, non ci sarà molto per cui riunirsi! Uomini, le vostre mogli passano più tempo a preparare per la chiesa (cucinando del cibo per il banchetto-agape) di quanto vi prepariate voi (meditando su cosa dire durante la riunione)?

Considerazioni non edificanti. Talvolta le persone cominciano a parlare diventando un po’ troppo noncuranti. Cominciano a chiacchierare di cose che non edificano davvero l’assemblea. Solo perché è una riunione aperta non significa che le persone possano dire qualunque cosa vogliano. I conduttori devono ricordare alla chiesa che qualunque cosa sia detta nella riunione dev’essere destinata a edificare il corpo e a incoraggiare tutti. Le riunioni ecclesiali non devono essere nemmeno delle sedute terapeutiche per le persone ferite, in cui tutto si concentra su un’unica persona e sui suoi bisogni. Sebbene tali persone abbiano davvero bisogno di consulenza, questa dovrebbe essere offerta generalmente in un momento diverso da quella dell’assemblea collettiva.

Falsi insegnamenti. Il richiamo di una riunione partecipata potrebbe essere così forte da attirare persone con una teologia aberrante, le quali stanno cercando un posto per promuovere la loro singolare dottrina. Seguire il modello biblico delle riunioni partecipate non deve diventare l’occasione per far attecchire i falsi insegnamenti! La prevenzione e la correzione dell’errore rientrano precisamente fra i motivi per cui sono necessari gli anziani. Gli anziani devono essere uomini maturi e radicati nella fede. Devono scoprire e confutare l’errore quando se ne accorgono, senza pietà. Nella riunione non dovrebbe essere consentito alcun insegnamento contrario all’ortodossia del Cristianesimo storico.

Ignoranza condivisa. Anziché studiare un argomento in anticipo per portare un insegnamento, alcune persone verranno alla riunione del tutto impreparate e butteranno semplicemente lì una domanda alla chiesa riunita per avere una risposta. Questo è il contrario di portare un insegnamento. È una sorta di antiinsegnamento. I conduttori dovrebbero scoraggiare le persone dal porre domande alla chiesa che derivano dall’ignoranza. Tali domande attirano l’attenzione solo sulla persona che le pone e non sono destinate a edificare la chiesa. Sono egocentriche. Sono poste per soddisfare un bisogno personale. Per di più, essendo improbabile che qualcuno abbia studiato di recente l’argomento in questione, abbonderà probabilmente l’ignoranza condivisa quando tutti offriranno le loro opinioni. Non esiste semplicemente alcun sostituto allo studio attento, sistematico e approfondito della Scrittura in privato e prima della riunioni, e non c’è alcuna scusa per non effettuarlo.

Riunioni superprogrammate. Quanti sono abituati ai programmi ecclesiali vorranno sistemare in anticipo cose come l’insegnamento, la musica e la preghiera. Attenti a non spegnere lo Spirito! Da 1 Corinzi 14 risulta chiaro che le riunioni ecclesiali del Nuovo Testamento fossero generalmente spontanee.

Visitatori dirompenti. Esistono molti tipi di visitatori dirompenti. Gli ospiti non informati possono dirottare facilmente una riunione con commenti non edificanti. Persone egocentriche cercheranno di dominare la riunione. Chi è mentalmente instabile parlerà a voce alta, e spesso, infastidendo l’assemblea. Le persone critiche potrebbero attaccare nella riunione quello che fa e crede la chiesa. Gli eretici vedranno nelle riunioni partecipate un’opportunità per promuovere la loro teologia aberrante. In tali casi servono i conduttori a restaurare l’ordine con sapienza e pazienza. I visitatori dovrebbero essere avvisati in anticipo circa le linee guida divine che si trovano in 1 Corinzi 14. Un grammo di prevenzione vale un chilo di cura! (Vedete l’esempio della lettera ai probabili visitatori). Potrebbe essere appropriato invitare i critici a manifestare le proprie opinioni più tardi, dopo la fine della riunione, durante il tempo di comunione della Cena del Signore o in privato con gli anziani.

Controllo demografico. Le riunioni che sono o troppo grandi o troppo piccole creano da sole la propria serie di ostacoli agli incontri partecipati. Se ci sono troppe poche persone può sembrare una riunione piatta. Troppe persone intimoriranno i timidi e andranno in sfavore dell’aperta condivisione.

I “worship leader”. I musicisti devono favorire il canto e l’adorazione della chiesa, non controllarlo. Attenti a quei “worship leader” che vorrebbero prendere il controllo della riunione e trasformarla in uno spettacolo.

La puntualità. Le chiese a base relazionale sono famose per il fatto di cominciare in ritardo. Se si annuncia che una riunione comincerà a una certa ora, allora i conduttori devono essere certi che cominci a quell’ora. È una questione di cortesia e di rispetto del valore che il tempo ha per le altre persone. Anche arrivare puntuali mostra rispetto. Essere sistematicamente in ritardo a una riunione spesso è il segno di un’aggressione passiva. Come minimo è da maleducati e irrispettosi.

Il cerimoniere. Alcuni conduttori tenderanno a voler fare da cerimonieri delle riunioni, come se fossero i presentatori televisivi di un talk show. Forse tali incitamenti saranno necessari nell’infanzia di una chiesa, ma nella maturità questo non servirà più. Inoltre, non c’è nulla di sbagliato nel silenzio, di tanto in tanto. Confidate che sia lo Spirito Santo a guidare l’assemblea. La cosa ideale è che un visitatore di una riunione alla 1 Corinzi 14 non riesca a dire chi sono gli anziani della chiesa. A meno che non vi sia un problema, gli anziani dovrebbero solo confondersi fra tutti gli altri! Bisogna riconoscere che la mancanza di partecipazione da parte dei membri può essere un problema, così, in casi del genere, gli anziani potrebbero aver bisogno di guidare maggiormente, in modo da incoraggiare gli altri a dare il proprio contributo.

I bambini. Il modello neotestamentario sembra indicare che i bambini fossero presenti alla riunione con i loro genitori. Ad esempio, Paolo voleva che alcune delle sue lettere fossero lette ad alta voce all’intera chiesa (si veda Col 4:16). In base a Efesini 6:1-3, i bambini erano presenti nelle riunioni ecclesiali efesine, altrimenti non avrebbero potuto ascoltare le istruzioni che Paolo rivolse loro quando fu letta la lettera (cfr. anche Mt 19:13-15; Lc 2:41-50; At 21:5).

Tuttavia, un bambino piccolissimo che cominci a piangere a squarciagola nella riunione dovrebbe essere allontanato da un genitore finché non si sia calmato. Ai bambini più grandicelli dev’essere insegnato a restarsene tranquilli o a giocare silenziosamente per terra in modo da non disturbare la riunione. Alcuni genitori non si renderanno conto di tale necessità e, in casi del genere, i conduttori dovranno parlare ai genitori in privato per ottenere la loro collaborazione nel tenere a bada i propri figli.

False aspettative. Le persone verranno sistematicamente alle riunioni alla 1 Corinzi 14 con idee preconcette di come dovrebbe andare la riunione. Alcuni, ad esempio, vorranno un commovente culto di adorazione o cantare soltanto i grandi inni della fede. Altri vorranno esclusivamente collegare i cantici di lode con quelli toccanti di adorazione, oppure si aspetteranno che accadano guarigioni spettacolari, oppure vorranno una lezione biblica ad alto potenziale, oppure qualche presentazione emotiva del Vangelo. Quando le cose non andranno secondo le proprie aspettative, ne conseguiranno delusione e scontentezza. I conduttori della chiesa ne devono essere consapevoli e fare dei passi per aiutare le persone ad avere delle aspettative bibliche per le riunioni e a prefiggersi, anche, le stesse mète volute da nostro Signore.

 

ALCUNE OBIEZIONI

Alcuni responsabili esprimono una forte avversione per questo tipo di riunione ecclesiale. Hanno certamente ragione a temere che esplodano il caos e l’anarchia. Ricordate, però, che sebbene vi sia ordine in un cimitero, lì non c’è alcuna vita. È molto meglio avere vita e rischiare un po’ di disordine! Mantenere l’ordine è uno dei compiti di un anziano. I conduttori ecclesiali hanno anche la responsabilità di addestrare i santi affinché essi siano dotati per contribuire significativamente a una riunione del genere e a giudicare l’errore da soli. Inoltre, bisogna confidare che lo Spirito Santo operi nella vita di una chiesa. Se le Scritture rivelano davvero il desiderio di Dio per le riunioni partecipate, allora Dio farà anche in modo che queste, a lungo andare, vadano bene.

Commentando il contrasto fra le riunioni della chiesa primitiva e quelle della chiesa moderna, Gordon Fee ha fatto la seguente osservazione: “Nel complesso, la storia della chiesa indica il fatto che nel culto non si fa troppo affidamento alla diversità del corpo. L’edificazione dev’essere sempre la regola, e ciò reca con sé l’ordine affinché tutti possano imparare ed essere incoraggiati. Però non fa molto onore alla chiesa storica il fatto che optando per l’‘ordine’ si sia anche optato per reprimere il ministero dei molti” .

Francamente, alcuni pastori si opporranno alle line guida di 1 Corinzi 14 precisamente perché, se le mettessero in pratica, si verrebbe a perdere la centralità del pastore. Purtroppo, una piccola percentuale di pastori si mette in mostra oppure ha bisogno di autoaffermazione facendo la star di un culto. Questa è una cecità mentale che va sconfitta.

Si può verificare la ribellione ai comandi di 1 Corinzi 14 anche se i credenti sono diventano talmente ebbri della libertà appena trovata che si precipitano essenzialmente nell’anarchia o nello gnosticismo. Costoro diventano apertamente sospettosi dei programmi. Per loro, chiunque abbia capacità di guida è in qualche modo caparbio o malvagio. Eppure, è chiaro che Paolo, un pio conduttore, avesse un pio programma per le chiese in cui ministrava. L’equilibrio è un fattore chiave. Dobbiamo attenerci al programma del Signore per aiutare le Sue chiese ad essere conformi a ogni cosa comandata da Lui!

Molte persone hanno letto 1 Corinzi 14 e hanno reputato che le loro chiese vi siano pienamente conformi semplicemente perché la congregazione partecipa mediante le letture di risposta, le genuflessioni, la condivisione dell’ostia e del vino alla Cena del Signore, il canto degli inni, il dare le decime e le offerte, ecc. Una parte del problema è che tutto questo è programmato in anticipo, non è spontaneo, la struttura è la stessa ogni settimana e l’intero ordine del culto è scritto nel programma. Potrebbe esserci una limitata partecipazione dell’uditorio, ma non vera libertà. Qualcuno dei fratelli è forse libero di scegliere un inno? di portare un insegnamento? di alzare la mano e porre una domanda? C’è spontaneità?

 

CONCLUSIONE: AFFERMAZIONI E NEGAZIONI

Quali conclusioni si possono trarre sul modo in cui Dio desidera che venga condotta la riunione settimanale della chiesa, nel Giorno del Signore? Noi neghiamo che:

  1. i “culti di adorazione” fossero tenuti dalla chiesa del Nuovo Testamento;
  2. le grandi assemblee di cristiani che si incontrano per il culto settimanale siano un modello neotestamentario;
  3. le riunioni ecclesiali debbano essere guidate di fronte da un “worship leader”;
  4. i programmi siano necessari e del benché minimo beneficio per una riunione ecclesiale;
  5. solo una persona possa insegnare nella riunione;
  6. gli insegnanti dovrebbero essere programmati in anticipo;
  7. i rituali e le cerimonie facessero parte delle riunioni ecclesiali del Nuovo Testamento;

siano importanti alcuni ausili speciali all’adorazione come l’incenso, i paramenti, le icone, le statue, le vetrate istoriate o gli edifici riccamente ornati come le cattedrali;

gli show spettacolari siano dei sostituti legittimi alla prescrizione neotestamentaria dell’interazione.

 

Da lato positivo, affermiamo che:

  1. la regolare riunione settimanale della chiesa debba essere partecipata e spontanea;
  2. qualunque cosa sia detta o fatta debba mirare a rafforzare (edificare) l’intera chiesa;
  3. solo una persona alla volta debba rivolgersi all’assemblea;
  4. tutto sia fatto in modo appropriato e ordinato;
  5. uno dei ruoli di un anziano in riunioni del genere sia di mantenerla “in carreggiata”, fedele alla direttiva principale secondo cui tutte le cose siano fatte per l’edificazione;
  6. questo tipo di riunione partecipata non sia opzionale, non sia solo storia interessante, non appartenga solo a un passato pittoresco, ma che tali riunioni siano secondo i “comandamenti del Signore” (1 Cor 14:37).

— Steve Atkerson

24/05/’07

 

(trad. Antonio Morlino)

18/06/’07

 

Lettera ai probabili visitatori

Siamo onorati che abbiate espresso l’interesse di visitare una delle nostre riunioni ecclesiali. Nella nostra pratica ecclesiale, abbiamo fatto lo sforzo consapevole di cercare di seguire le tradizioni degli apostoli originari. Pertanto, sebbene siamo decisamente tradizionali nel senso neotestamentario, quello che facciamo è piuttosto anticonvenzionale secondo i criteri contemporanei. In ogni caso, quanto segue vi darà una buona idea di cosa aspettarvi. La nostra speranza è che, quando vi riunirete con noi, vi sentiate a vostro agio e incoraggiati.

Noi ci riuniamo di mattina, nella città di ____________. Per il posto e l’indirizzo, vi preghiamo di contattare Bob e Jane Smith allo (000)-000-0000 o Bill e Sue Jones allo (000)-000-0000.

1. Seguendo il modello del Nuovo Testamento, la chiesa si riunisce regolarmente nel primo giorno di ogni settimana, il quale è conosciuto nella Scrittura come il Giorno del Signore, il giorno in cui Gesù ha sconfitto la morte ed è risuscitato dalla tomba. Tuttavia, non lo consideriamo assolutamente come una specie di sabato da osservare. Nel Nuovo Patto, ogni giorno è santo (Eb 4; Col 2:16-17; Gal 4:8-11).

2. Le porte della casa ospitante aprono alle 10.00 e i cantici cominciano precisamente mezz’ora dopo. Perciò potete vedere che c’è uno spazio di 30 minuti per far arrivare le persone, farle sistemare, accomodare, prendere un caffè, ecc. Vi preghiamo di cercare il parcheggio sullo stesso lato della strada dove è ubicata l’abitazione. Questo renderà meno probabile che le nostre auto ostruiscano la strada dei vicini.

3. Le nostre norme sull’abbigliamento prevedono che ci si vesta in modo informale e comodo. Nessuno indossa la cravatta. Le donne indossano di tutto, dagli abiti comodi ai pantaloni e pantaloncini decenti. I bambini finiscono solitamente per giocare fuori dopo la riunione e, pertanto, indossano abiti e scarpe sportivi. Sporcarsi dopo la chiesa non è insolito per i bimbi.

4. Chi desideri approfondire deve sapere che la nostra chiesa si mantiene fedele alle dottrine storiche della fede cristiana, alle “dottrine della grazia”, alla “Teologia del Nuovo Patto” (www.ids.org), all’inerranza biblica (www.churchcouncil.org) e alla Dichiarazione di Danvers sull’uomo e la donna secondo la Bibbia (www.ifeditalia.org/articoli_studi/Dichiarazione%20di%20Danvers.pdf). Potrete approfondire ulteriormente i temi sulla vita ecclesiale neotestamentaria su www.ntrf.org.

5. La riunione è di per se stessa spontanea e partecipata (senza alcun programma!) e segue il modello delineato in 1 Corinzi 14:25ss. Non c’è niente di programmato in anticipo a eccezione dell’orario d’inizio e del primo cantico (10.30 del mattino). Talvolta facciamo molti cantici, talvolta pochi, a seconda di quanti ne vengano richiesti. Una domenica possono insegnare tre fratelli, mentre in altre settimane non insegnerà nessuno. Talvolta preghiamo a lungo, talvolta pochissimo. Tutti i fratelli possono partecipare verbalmente, ma qualunque cosa sia detta dev’essere destinata a edificare l’intera chiesa (1 Cor 14:26). È permesso solo a una persona alla volta di rivolgersi all’assemblea, visto che ogni cosa dev’essere fatta in modo adeguato e ordinato. Tutti gli insegnamenti e le profezie sono soggetti al controesame pubblico e al giudizio da parte dei presenti. Inoltre, non c’è né un moderatore né un cerimoniere in quanto tale. Infatti, a meno che non vi sia un problema da correggere, non vi accorgerete nemmeno di chi sono i conduttori. Le donne non parlano pubblicamente in una riunione alla 1 Corinzi 14 (cercate 1 Corinzi 14:33-35 e vedrete su cosa si basa questo). Per contro, esse parlano un bel po’ durante il tempo di comunione della Cena del Signore.

6. I bambini stanno con noi durante la riunione. Però, se un bimbo molto piccolo fa chiasso, uno dei suoi genitori lo porterà fuori finché non si calmi. Se avete bambini piccoli dovreste portarvi appresso qualcosa con cui intrattenerli, come un blocco da disegno, dei colori o dei giocattoli “silenziosi”. Di solito i bambini si siedono per terra vicino ai genitori. Noi crediamo che sia compito dei genitori, non della chiesa, insegnare ai figli riguardo a Gesù. Pertanto, non abbiamo di proposito alcuna Scuola Domenicale né una chiesa per bambini.

7. La Cena del Signore è una parte integrante della nostra riunione. In realtà, è il motivo principale per cui ci riuniamo ogni settimana. La celebriamo come un pasto completo così come è chiaramente descritto in 1 Corinzi 11b. Tutti portano qualcosa da condividere con l’intera chiesa. Noi crediamo che si tratti di un pasto reale che simboleggia il banchetto delle nozze dell’Agnello (Ap 19). È un momento speciale di comunione e incoraggiamento, molto più simile a una festa di nozze che a un funerale. In mezzo a tutto il cibo noterete un solo calice (un’anfora, in verità) e l’unico pane, i quali rappresentano il corpo e il sangue di nostro Signore. Infatti, noi crediamo che la Cena del Signore sia destinata a ricordare a Gesù la Sua promessa di ritornare a condividere nuovamente il pasto con il Suo popolo.

8. In breve, noi crediamo che i modelli della vita ecclesiale che sono chiari nel Nuovo Testamento non siano semplicemente descrittivi, ma che siano, di fatto, prescrittivi (2 Ts 2:15; 1 Cor 11:2). Pertanto, crediamo in una comunità a base e dimensione domestiche, in chiese guidate anziché comandate da anziani, nel ministero di operai itineranti, nelle riunioni partecipate e che la Cena del Signore e il Banchetto dell’Agape siano dei sinonimi per indicare lo stesso evento settimanale. Prima di venire, potrete trovare utile leggere interamente 1 Corinzi 11:17-34 e 1 Corinzi 14:26-40.

9. Per noi, la vera vita ecclesiale si verifica ogni giorno, giacché ci vediamo durante tutta la settimana. Per facilitare questo, una delle nostre principali priorità è di vivere quanto più vicino possibile, essendo la cosa più pratica. Perciò, le attività del Giorno del Signore descritte precedentemente sono un’espressione limitata della nostra comunione settimanale. Valutarci esclusivamente in base a quanto si può osservare in una riunione domenicale sarebbe un’analisi incompleta!

10. In una situazione perfetta, la chiesa ha a che fare con la comunità, non con la pendolarità! Avere comunione con i santi solo di domenica significa rendere un cattivo servizio a voi stessi. Se non vi è possibile trasferirvi nella nostra zona, ci piacerebbe aiutarvi almeno a cominciare (o a trovare) una chiesa nel vostro quartiere, una volta che avrete acquisita la visione della vita ecclesiale secondo il Nuovo Testamento.

Per riassumere, le nostre chiese sono dedite a riunirsi e a vivere quanto più semplicemente possibile quello che leggiamo e comprendiamo di ciò che la chiesa del Nuovo Testamento ci ha lasciato come modello. Sappiamo di non aver ancora compreso tutto. I nostri sono “lavori in corso”! Abbiamo la tendenza ad affrontare i problemi uno per volta, cercando, prima di andare avanti, di raggiungere un consenso basato sulla Bibbia. Contano tutti e, idealmente parlando, nessuno è in eccesso o in difetto. Questo significa che, alle volte, ci muoviamo abbastanza lentamente, ma con un alto livello di pace e unità. Per questo siamo stati benedetti e ne siamo grati.

Arrivederci al prossimo Giorno del Signore!

 

IL MODO NEOTESTAMENTARIO DI RIUNIRSI

Che dunque, fratelli? Quando vi radunate, avendo ciascun di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o una interpretazione, facciasi ogni cosa per l’edificazione.

Se c’è chi parla in altra lingua, siano due o tre al più, a farlo; e l’un dopo l’altro; e uno interpreti; e se non v’è chi interpreti, si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio.

Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino; e se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente si taccia. Poiché tutti, uno ad uno, potete profetare; affinché tutti imparino e tutti sian consolati; e gli spiriti de’ profeti son sottoposti a’ profeti, perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace.

Come si fa in tutte le chiese de’ santi, tacciansi le donne nelle assemblee, perché non è loro permesso di parlare, ma debbon star soggette, come dice anche la legge. E se vogliono imparar qualcosa, interroghino i loro mariti a casa; perché è cosa indecorosa per una donna parlare in assemblea. La parola di Dio è forse proceduta da voi? O è dessa forse pervenuta a voi soli?

Se qualcuno si stima esser profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo son comandamenti del Signore. E se qualcuno lo vuole ignorare, lo ignori.

Pertanto, fratelli, bramate il profetare, e non impedite il parlare in altre lingue; ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine.

 

— 1 Corinzi 14:26-40 (Riveduta)

 

IL MODO ODIERNO DI RIUNIRSI

Che dunque, fratelli? Quando vi radunate, avendo il pastore un insegnamento e il ministro della musica dei salmi, facciasi ogni cosa per il culto.

Se qualcuno oltre al pastore ha un insegnamento, non parli e si taccia. Si segga nel banco e volga lo sguardo alla nuca della persona che gli siede davanti.

Tacciansi le persone nelle assemblee, perché non è loro permesso di parlare, ma debbon star soggette, come dice anche la tradizione ecclesiastica. E se vogliono imparar qualcosa, interroghino il loro pastore dopo il culto, perché è cosa indecorosa per un laico parlare in assemblea. Perché il pastore ha una laurea in teologia, mentre i laici non hanno né arte né parte.

Se qualcuno desidera restare membro di chiesa con una buona reputazione, riconosca che le cose che io vi scrivo son comandamenti del quartier generale della denominazione. E se qualcuno lo vuole ignorare, sarà immediatamente accompagnato fuori dagli uscieri.

Pertanto, fratelli, bramate di non parlare nell’assemblea, ma ogni cosa sia fatta con decoro e con l’ordine indicato nel programma del culto.

 

— Rusty Entrekin

“Noi costituiamo un solo organismo, che si nutre della consapevolezza di un’unica fede, di un’unica disciplina, di un unico vincolo di solidale speranza. Come schiera compatta ci stringiamo unanimi intorno a Dio per assediarlo con le nostre preghiere […]. Ci riuniamo per leggere insieme e per commentare le Sacre Scritture […]. Presiedono alle nostre adunanze anziani di provata virtù […].

E se anche è tra noi una specie di cassa comune, essa non è costituita da largizioni onorarie, quale prezzo di una religione posta in vendita. Ognuno vi apporta, quando voglia e se possa, il suo modesto contributo mensile: e ognuno offre spontaneamente, nessuno è costretto al versamento. […] Vi si attinge denaro […] per dare cibo e sepoltura ai bisognosi, per soccorrere fanciulli e fanciulle privi di sostentamento e di genitori, ed anche servi sfiniti dall’età e naufraghi.

[…] Ma noi, uniti nello spirito e nell’anima, non esitiamo a mettere tutti a parte dei nostri beni, a mettere tutto in comune tra noi, fuorché le donne. Noi dissolviamo la comunanza dei possessi laddove soltanto sono soliti esercitarla gli altri uomini […].

Quale significato abbia il nostro convito ve lo dice il suo nome, che in greco significa amore. […] Non ci sediamo a mensa prima di aver elevato una preghiera a Dio. Mangiamo quanto può mangiare chi ha fame […]. Apprestata l’acqua per le mani e accese e lucerne, ognuno è invitato a cantare lodi a Dio, nella misura in cui può, secondo le Sacre Scritture o secondo la propria ispirazione […].

Come all’inizio, così alla fine del convito innalziamo una preghiera”.

(TERTULLIANO, Apologetico, XXXIX, 1-3, 5-6, 11-12, 16-18) .

 

Tertulliano visse intorno al 200 d.C.

 

NOTE

  1. HENRY SEFTON, A Lion Handbook— The History of Christianity, Oxford, Lion Publishing, 1988, p. 151.
  2. ERNEST SCOTT, The Nature Of The Early Church, New York, Charles Scribner’s Sons, 1941, p. 79.
  3. JIMMY MILIKIN, Disorder Concerning Public Worship, in “Mid America Baptist Theological Journal”, Memphis, Mid-America Baptist Seminary Press, 1983, p. 125.
  4. JOHN DRANE, Introducing the New Testament, Oxford, Lion Publishing, 1999, p. 402.
  5. A.M.RENWICK, The Story of the Church, Downers Grove, Inter-Varsity Press, 1958, pp. 22-23.
  6. GORDON FEE, The First Epistle To The Corinthians, in NICNT, Grand Rapids, Wm. B. Eerdmans Publishing Co., 1987, p. 698.
  7. Testo latino, traduzione e note di ANNA RESTA BARRILE, Bologna, Zanichelli, 1980, pp. 143, 145, 147, 149.