DOLORI DI CRESCENZA:
QUANDO SI DIVENTA
TROPPO GRANDI

by Jonathan Lindvall and Steve Atkerson

PRIMA PARTE

Nel senso scritturale più comune del termine, la chiesa non può mai diventare troppo grande. Fin quando il Signore lascerà il Suo popolo su questa terra, sarà sempre Sua intenzione che la chiesa cresca. E anche nel senso dell’autentica chiesa locale (tutti gli autentici redenti in una località), è sempre intenzione di Dio che noi accogliamo la crescita come una benedizione (provate a fare una ricerca biblica su “moltiplicare” per comprendere il cuore di Dio sulla crescita numerica).

Ma cosa dire di una data congregazione di santi che si riuniscono regolarmente? È possible che una tale riunione diventi troppo grande? Secondo i paradigmi della chiesa di oggi, difficilmente si considera questo. Dopotutto, l’obiettivo è la crescita numerica, no? La crescita non è forse la prova della salute spirituale, di aver adempiuto il Grande Mandato? Più grande è una chiesa, più efficace dev’essere, giusto? Più persone ci sono in una chiesa, più vari e specializzati possono diventarne i programmi, per soddisfare bisogni più specifici. Presupposti come questi sono comuni, ma riflettono davvero il desiderio di Dio per la Sua casa?

Il numero crescente di cristiani coinvolti in una chiesa in casa rivela la brama di intimità nella comunione con altri credenti intorno al Signore. E molti hanno sperimentato le caratteristiche sempre più impersonali delle chiese incentrate sui programmi, specialmente quando esse diventano più grandi (o si sforzano di sembrare più grandi di quanto non lo siano). Molti hanno percepito il distacco per essere stati spersonalizzati dalla produzione sempre più professionale che molte chiese aspirano a fornire nei loro culti.

Quanto a me e alla mia casa, trovo convincenti le argomentazioni bibliche in favore di chiese che si riuniscono esclusivamente nelle case private. L’insistenza di Paolo (in 1 Cor 4:16-17; 11:1-2, 16; 14:33; Ef 2:20; Fil 3:17; 4:9; 2 Ts 2:15; 3:6-9; 1 Tm 1:16; 3:14-15; 2 Tm 1:13) che le chiese seguano il modello apostolico (e il suo stesso esempio) è un’argomentazione persuasiva contro la nozione secondo cui non è una questione di mandato scritturale dove si riuniscono le chiese.

Riunirsi intorno al Signore in un modo autentico è così entusiasmante, interessante e piacevole che ne risulterà probabilmente la crescita numerica, col tempo, quando i santi matureranno insieme nella loro capacità di consentire allo Spirito Santo di guidare i loro banchetti e le loro riunioni. Pertanto, che cosa dovrebbero fare le chiese quando crescono al punto che non riescono più a stare comodi in una tipica casa privata? Quando si diventa in troppi?

Gesù si è servito di un’analogia (una parabola: Mt 9:17; Mc 2:22; Lc 5:37-39) contrapponendo il vino nuovo e vecchio e gli otri per difendere I Suoi discepoli che non digiunavano. Chiaramente il vino è più importante dell’otre, ma l’otre sbagliato può essere sfavorevole al giovamento del vino. La funzione è più importante della forma, ma la forma sbagliata può impedire la funzione designata.

È sempre rischioso (e, pertanto, spesso discutibile) speculare sugli scopi di Dio dietro le Sue azioni. Eppure, Egli ci chiama a imparare le Sue vie (Sal 25:4; 51:13; 95:10). Voglio suggerire con cautela perché la chiesa neotestamentaria venne rappresentata costantemente come riunioni in casa. Sospetto che una chiave si trovi nella descrizione esplicita di Paolo di una riunione ecclesiale in cui tutto era fatto “con dignità e con ordine” (1 Cor 14:40).

Lungo tutto 1 Corinzi 14, Paolo mette in contrasto le pratiche che sono disordinate e confuse con quelle ordinate ed edificanti. La cosa interessante è che la definizione di Paolo di ordine è significativamente diversa da ciò che molti di noi troverebbero adeguata, almeno in una riunione formale (il che potrebbe essere una chiave per comprendere il problema). Paolo mette in guardia da pratiche confusionarie come parlare ad alta voce in lingue che alter persone non comprendono, avere più di una persona che parla contemporaneamente, avere donne che guidano la riunione e altre cose che si concentrano sul proprio piacere anziché sul beneficio dell’intero gruppo. Ma poi contrappone queste cose con la descrizione di esperienze comunitarie ordinate ed edificanti.

Ad esempio, dopo aver descritto una situazione inappropriata in cui “entrano degli estranei o dei non credenti” (presumibilmente dei credenti estranei) quando “tutta la chiesa si riunisce” e “tutti parlano in altre lingue”, i quali ne concludono “che siete pazzi” (1 Cor 14:23), Paolo descrive poi l’alternativa appropriata. La cosa interessante è che la pratica migliore non consiste nel restarsene seduti in silenzio ad ascoltare gli esperti esporre la Scrittura. Invece, Paolo dice (1 Cor 14:24-25) che “se tutti profetizzano”, questo “non credente o qualche estraneo” sarà “convinto da tutti” e “scrutato da tutti”. L’esito finale è che egli “gettandosi giù con la faccia a terra [questo è ordinato?], adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi”.

La cosa incredibile è che questa partecipazione profetica da parte di tutti è ciò che Paolo intende dicendo di fare tutto “con dignità e con ordine”. Egli va avanti sostenendo (v. 26) che, quando i fratelli si riuniscono, ciascuno porti qualcosa e che tutto sia fatto per l’edificazione. Queste cose potrebbero includere un salmo, un insegnamento, un parlare in altra lingua, una rivelazione o un’interpretazione. Notate che questa lista include cose che potrebbero essere programmate precedentemente, ma anche che non sarebbe verosimile preparare in anticipo.

Un po’ dopo egli dice (v. 30) che se qualcuno sta parlando e “se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti”, il primo che parlava deve accogliere l’interruzione e permettere al secondo fratello di parlare. Egli continua con la singolare affermazione (v. 31) secondo cui “tutti potete profetare a uno a uno”. Di primo acchito, questo sembra contraddire la sua direttiva di due versetti prima: “Anche i profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino”. Se possono profetare solo due o tre, eppure egli dice che possono farlo “tutti”, una possibile interpretazione è che dovrebbero essere presenti solo due o tre fratelli. Benché io dubiti che questa sia l’interpretazione corretta del brano, ciò indicherebbe certamente riunioni relativamente piccole.

In realtà, io sospetto che l’interpretazione corretta sia che le profezie dovevano essere espresse in forma colloquiale, fra due o tre fratelli, insieme a coloro che ascoltano per discernere se si tratti della voce del Pastore (Gv 10:3-5, 16, 27). Questo suona ancora come una conversazione abbastanza intima, con alcuni che partecipano e gli altri che si sporgono (inclinando il cuore) per ascoltare con le orecchie e con lo spirito.

Anche nella sezione successiva, in cui Paolo affronta il silenzio dinamico delle donne (che esercitano una pressione silenziosa sugli uomini affinché guidino), si percepisce il contesto partecipato della riunione quando egli dice (v. 35): “Se vogliono imparare qualcosa, interroghino i loro mariti a casa”. A quanto sembra, gli uomini dovevano sentirsi liberi di partecipare durante la riunione, ponendo domande. È chiaro che la riunione ecclesiale prospettata dall’apostolo era fatta di interazione partecipata, intimamente personale e guidata spontaneamente dallo Spirito Santo, eppure ordinata nel senso che ogni persona doveva considerare il bene del gruppo anziché semplicemente la propria edificazione personale (rispettando i sentimenti altrui). Una congregazione è troppo grande se non tutti possono partecipare in modo intimo.

Una cosa interessante riguardo alle case private è che raramente esse sono abbastanza grandi da favorire riunioni di più di poche famiglie. Penso che siamo saggio, e stiamo cooperando con le vie del Signore, quando scegliamo di progettiamo le nostre case per favorire i gruppi di santi a incontrarsi lì. Ma è possibile che il Signore abbia ordinato che le chiese si riunissero di casa in casa per mantenere i numeri relativamente piccoli? Se così stanno le cose, quando cerchiamo edifici più grandi potremmo stare minando il Suo piano.

Se costruissi una casa con un soggiorno che possa favorire le riunioni di 200 persone, non sarebbe di aiuto alla chiesa? O forse starei compromettendo il piano del Signore per mantenere i gruppi in qualche modo più piccoli? Dubito che il Signore si compiaccia di far porre a noi dei limiti numerici. Eppure, mi sembra che vi sia un principio generale che dovremmo prevedere riguardo alle dimensioni delle congregazioni che si riuniscono in modo intimo.

Nel 1993, per la quarta volta, la nostra famiglia cominciò a riunirsi con un paio di altre famiglie come chiesa. Lungo gli anni, le dimensioni del gruppo sono aumentate, e talvolta diminuite. A un certo punto, alcuni di noi sentirono di aver raggiunto delle dimensioni troppo grandi per una casa. Io proposi di considerare di trovare una sala più grande in cui incontrarci, ma il Signore usò parecchi degli altri fratelli per impedirci di cadere nel precipizio. Sembra che la provvidenza di Dio per noi in quel tempo fu di far diminuire il gruppo. Lungo un periodo relativamente breve di tempo, molte di quelle famiglie si trasferirono in alter regioni, alleviando così la pressione di dover affrontare la questione di cosa fare se la congregazione fosse diventate troppo numerosa per stare comoda in una casa.

Recentemente, il Signore ha fatto crescere di nuovo il gruppo dei santi con cui stiamo camminando. Attualmente ci sono cinque famiglie che partecipano e vivono nella nostra comunità cittadina di Springfield, in California, la cui prossimità geografica permette una frequenza di contato che c’incoraggia a camminare insieme in relativa intimità (sebbene avvertiamo tutti un desiderio da parte del Signore di lavorare maggiormente nell’unire i nostri cuori intorno a Lui). Attualmente altre due famiglie sono in procinto di trasferirsi qui. Altre due famiglie che vivono a circa mezz’ora di distanza hanno espresso il desiderio (e le intenzioni realistiche) di trasferirsi qui. Altre due famiglie che partecipano vivono a mezz’ora da Springville, e altre due vivono a quasi un’ora o due di distanza, ma frequentano le riunioni settimanali da anni. Infine, ci sono parecchie altre famiglie che visitano le riunioni settimanali abbastanza spesso. (Coloro che vivono a una distanza maggiore sono impedite di sperimentare concretamente l’esperienza dell’“esortarsi a vicenda ogni giorno” di Ebrei 3:13, a causa dei limiti geografici).

Siamo chiaramente al punto in cui non tutti quelli che vogliono riunirsi con noi possono partecipare a una singola riunione in una casa privata. Se tutte le famiglie che si sono identificate come parte della congregazione fossero presenti in un unico posto, in una sola volta, vi sarebbero novanta persone. Se fosse presente qualche visitatore regolare od occasionale, vi sarebbero ancora più persone.

Noi vogliamo ascoltare le direttive del Signore su a cosa dovremmo fare riguardo a questa situazione. Potremmo cercare di di escogitare una soluzione, ma la probabilità di risolvere il problema con una trovata che no Gli sia gradita è davvero alta. Salomone ha detto (per due volte): “C’è una via che all’uomo sembra diritta, ma essa conduce alla morte” (Pr 14:12 e 16:25). Eppure, apparentemente il Signore si compiace che noi ponderiamo le Sue vie rivelate nella Scrittura e prevediamo dove probabilmente vorrà condurci. Consideriamo alcuni approcci possibili, che alla fine potrebbero (o meno) essere ciò a cui ci porterà il Signore.

Sebbene io dubiti seriamente che il Signore voglia farci trovare un luogo di riunione più ampio per sistemare tutti, si tratta di una possibilità che secondo altri piace al Signore. È certamente una possibilità, sebbene dubbia.

Potremmo semplicemente non fare niente. Ciò potrebbe venire dal Signore, com’è scritto: “Presentatevi, tenetevi fermi, e vedrete la liberazione che il SIGNORE vi darà” (2 Cr 20:17). È assolutamente possibile che il Signore fornisca una soluzione senza chiedere a nessuno di noi di cambiare affatto ciò che stiamo facendo. Oppure Egli potrebbe chiamarci a sopportare l’affollamento con gioia. La maggior parte di noi ha sentito storie di congregazioni nei paesi del Terzo Mondo dove moltissime persone si riuniscono in spazi assai esigui. Ma per come sono adesso le cose, poche famiglie sono disposte ad aprire le proprie case alle riunioni, sapendo che non c’è spazio per tutti. Mi sembra che dovremmo cercare il Signore per eliminare qualunque incentivo a evitare l’ospitalità.

Un’altra possibilità (seppure remota) è che il Signore voglia condurci a limitare il numero delle persone che possano riunirsi con noi. Potremmo fare come alcuni gruppi di sostegno alle scuole in casa e avere semplicemente un gruppo chiuso, chiedendo a chiunque altro sia interessato a percorrere il cammino in cui il Signore ci sta guidando a trovare qualcun altro con cui riunirsi. Per quanto quest’opzione mi sembri dubbia, voglio lasciare la porta aperta a qualunque cosa il Signore guidi a fare.

Un’opzione che è stata discussa fra molte nel movimento delle chiese in casa è la possibilità ovvia di moltiplicare dividendo in due un gruppo grande. Questo si potrebbe fare su base geografica, oppure in base a qualche altro metodo (tirando a sorte, per numero o età dei membri familiari, per interessi comuni, per convinzioni, teologia, ecc.). A me sembra che distinguere una chiesa da un’altra in base a qualunque altra cosa che non sia la geografia è il genere di faziosità che Paolo affrontò nei primi numerosi capitolo di 1 Corinzi. Scegliere di avere comunione solo con le persone che sono simili a me è un tacito consenso alle divisioni nel corpo. Se devo giungere alla conclusione che qualcuno è un vero membro del corpo di Cristo, devo anche accogliere la comunione con quella persona.

Un paio di famiglie con cui ci riuniamo, che vivono a parecchia distanza dalla maggior parte di noi, hanno espresso il timore che prima o poi potrebbe essere chiesto loro di staccarsi e formare un gruppo distinto. La cosa interessante è che se tutte le famiglie che non sono di Springville dovessero riunirsi insieme, diverse famiglie di Springville (incluse quelle che si sono stabilite definitivamente qui), i due gruppi avrebbero esattamente lo stesso numero di famiglie. Quasta è certamente una possibilità a cui il Signore potrebbe portarci. Tuttavia, io ho l’impressione che una simile divisione arbitraria puzza di manipolazione umana anziché derivare dall’ascolto della guida dello Spirito Santo.

Eppure, nella Scrittura, le distinzioni geografiche nella chiesa erano l’unica base legittima per un’unica identità ecclesiale. La chiesa di Antiochia era una con la chiesa di Gerusalemme, ma in un certo senso esse erano chiese distinte. Esiste soltanto un unico corpo di Cristo, costituito da tutti i credenti di tutti i tempi e del mondo intero. Ma esistono chiese diverse (al plurale) in base alla geografia (non ai rapporti di fedeltà umani, alle pratiche peculiari o a singolari posizioni teologiche). Sebbene dobbiamo ammettere che la chiesa moderna è frammentata, la soluzione sta nel vedere la chiesa dalla prospettiva di Gesù. Esiste, pertanto, soltanto una chiesa a Springville, in California, e tutti i cristiani di Springville fanno parte della chiesa di Springville. Sebbene tutti I cristiani della chiesa di Springville non possano (e, credo io, non dovrebbero) riunirsi regolarmente in un unico luogo. Se non ci riuniamo in un unico luogo perché siamo in troppi, come si fa a decidere chi dovrebbe incontrarsi e dove?

Un’altra possibilità è di programmare le riunioni in momenti diversi, invitando le persone a partecipare alle riunioni che rientrino meglio nei loro programmi e preferenze. Certamente, questo è un approccio considerato la soluzione più semplice per le chiese istituzionali che che crescono più del loro santuario. Potremmo aere un culto prima e uno dopo. (Mi viene quasi da vomitare a scrivere queste cose). Si potrebbe scegliere a quale agape si voglia prendere parte. Ci si porebbe alternare e, di quando in quando, partecipare a entrambi i banchetti. Forse molti dei fratellis che sentono una speciale chiamata a fornire la supervisione della congregazione potrebbero voler partecipare a entrambi i gruppi.

Sono momenti entusiasmanti, quando scopriamo che il Signore ci sta guidando in sentieri diversi dalle tradizioni stabilite da secoli. Umiliamoci davanti al Signore, riconoscendo di non poter escogitare approcci migliori e che dipendiamo totalmente dalla guida dello Spirito Santo, per poter compiacere davvero l nostro Sposo.

— Jonathan Lindvall

SECONDA PARTE

Quando gli autori di questo libro sostengono che il modello neotestamentario è che ogni chiesa locale sia più piccolo anziché più grande, non intendiamo piccola nel senso di tre o quattro persone, ma di decine anziché di centinaia o migliaia di persone. Avere troppe poche persone in una chiesa può essere problematico esattamente come averne troppe. Quale prova biblica esiste riguardo ai numeri relativi alle chiese in casa del Nuovo Testamento?

C’era una sola chiesa in casa a Corinto. Nella sua lettera ai Romani, scritta da Corinto, Paolo scrisse: “Gaio, che ospita me e tutta la chiesa, vi saluta” (Rm 16:23). Gaio ospitava l’intera chiesa di Corinto in casa sua. Inoltre, il saluto contenuto in 1 Corinzi 1:2 dice la “chiesa di Dio che è in Corinto”, suggerendo che vi fosse soltanto una chiesa a Corinto, non tante chiese.

1 Corinzi 11b rivela l’esistenza di abusi della Cena del Signore a Corinto. C’erano profonde divisioni di classe. I ricchi rifiutavano di mangiare con i poveri, così escogitarono di arrivare in anticipo al luogo di riunione. Quando infine vi giungevano i poveri, forse dopo il lavoro, i ricchi avevano già cenato e non restava più cibo. La natura di questo abuso della Cena del Signore non sarebbe potuto accadere a meno che tutti loro, ricchi e poveri, fossero insieme nella stessa chiesa, riunendosi nello stesso luogo. Chiaramente non si riunivano in luoghi diversi a Corinto per la Cena del Signore. I ricchi evitavano I poveri arrivando in un momento, non in un luogo diverso.

In 1 Corinzi 5:4-5, Paolo affrontò il fratello immorale che aveva bisogno di disciplina, scrivendo: “Nel nome del Signore Gesù, essendo insieme riuniti voi e lo spirito mio, con l’autorità del Signore nostro Gesù, ho deciso che quel tale sia consegnato a Satana, per la rovina della carne, affinché lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù”. Paolo scrisse chiaramente come se tutti I credenti di Corinto si fossero riuniti nello stesso luogo.

Il Signore Gesù delineò il processo di disciplina ecclesiale in Matteo 18. Contate il numero di persone potenzialmente coinvolte: il peccatore, il fratello offeso, e poi i due o tre testimoni. La soma è di quattro persone. Dopo di ciò, viene coinvolta tutta a chiesa. Probabilmente, il numero di persone nel resto della chiesa non è appena di una persona (una quinta); probabilmente c’erano nella chiesa almeno le persone coinvolte nel processo disciplinare (almeno quattro o più). Ciò significherebbe che Gesù prevedeva che una tipica chiesa in casa contenesse almeno 8 adulti. Molto probabilmente, restavano molti di più nella chiesa che erano stati coinvolti nei passi inziali del processo disciplinare. Nel momento storico in cui Gesù disse questo, il sistema sinagogale richiedeva, evidentemente, che vi fossero dieci uomini giudei in un luogo prima che si potesse formare una sinagoga. Se quel principio generale fu trasportato alle chiese, dieci uomini più le loro mogli equivaleva a decine di persone. Aggiungete i bambini e avrete una casa stracolma!

Eppure, un altro indizio che a Corinto c’era una sola chiesa che si riuniva in un unico luogo si può trovare in 1 Corinzi 14:23: “Quando dunque tutta la chiesa si riunisce, se tutti parlano in altre lingue ed entrano degli estranei o dei non credenti, non diranno che siete pazzi?”. La King James Version è ancora più chiara: “Se pertanto l’intera chiesa si riunisse in un unico luogo […]”.

Un esame dei vari doni presenti nell’assemblea corinzia suggerisce che c’erano decine di persone in quell’unica chiesa. In 1 Corinzi 14:27-32 sono menzionati tre che parlano in lingue più interprete e tre profeti, per un totale di sette persone. Aggiungete solo una persona con un inno e un’altra con un insegnamento (14:26) e il totale sale a nove. Contate le donne (che non parlavano, 14:33b-35) e il numero di adulti presenti sale facilmente a diciotto. Circa dodici diversi doni spirituali sono menzionati in 1 Corinzi 12:7-31, con l’implicazione che erano tutti operanti a Corinto. Questa era una chiesa in casa di sane dimensioni!

Quant’era grande la chiesa in casa di Corinto? Non era chiaramente una questione di “noi quattro e nessuno più”. C’era decine di persone in quell’unica chiesa in casa, non centinaia, non migliaia e non appena una o due famiglie. Quando immaginiamo le misure della tipica chiesa in casa del Nuovo Testamento, dovremmo immaginare una casa stracolma con decine di credenti presenti. Similmente, nelle nostre chiese di oggi dobbiamo pensare in piccolo in un modo davvero grande! Molte persone coinvolte nelle chiese in casa non sarebbero contente in una chiesa convenzionale con centinaia o migliaia di persone. Non sarebbero nemmeno contente in una chiesa in casa con pochissime persone. La chiesa dev’essere esuberante e crescente, raggiungendo nuove persone con il Vangelo. La norma è che vi siano decine di persone.

Forse vi starete chiedendo come farebbe una casa a sistemare così tante persone per la chiesa. È interessante che il Nuovo Testamento indichi spesso che la chiesa si riuniva regolarmente nella casa della stessa persona. Ad esempio, Paolo inviò i saluti alla chiesa che si riuniva in casa di Priscilla e Aquila (Rm 16:3-4), alla chiesa che si riuniva in casa di Ninfa (Col 4:15) e alla chiesa che si riuniva in casa di Filemone (Fm 1-2). Queste comunità non facevano a rotazione, andando di casa in casa. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che quelle persone possedevano case sufficientemente grandi per ospitare le riunioni dell’intera chiesa. Se la norma per una chiesa in casa è di avere decine di persone al suo interno, e le case di alcuni membri sono troppo piccole per servire così tante persone, probabilmente la chiesa non riuscirebbe a tenervi le sue riunioni. La storia della chiesa primitiva rivela che la chiesa si riuniva nelle case dei suoi membri più benestanti, probabilmente perché essi avevano case più adatte a sistemare maggiori numeri di persone.

Potrebbe essere ragionevole aspettarsi che un insieme di credenti che cammina con il Signore e irradia luce in una comunità nelle tenebre attragga nuovi membri. Quando una chiesa in casa cresce numericamente, lo spazio diventerà raro. Storicamente, i credenti hanno risolto questo problema (ed è un buon problema da avere) erigendo edifici sempre più grandi per contenere più persone. Tuttavia, il modello neotestamentario non consiste nell’edificare speciali edifici per sistemare più persone di quelle che riescano a entrare in un soggiorno di normali dimensioni. Eppure, non esiste nemmeno un modello neotestamentario per la divisione di una chiesa in casa. La testimonianza apostolica tace riguardo al modo in cui la chiesa primitiva affrontava la crescita. Purché non sia violato qualche altro modello neotestamentario esistente, questa è in definitiva una questione di libertà nel Signore.

Le persone si oppongono alla divisione (il che è comprensibile) perché la prospettiva di perdere le relazioni è semplicemente troppo dolorosa. Altri temono giustamente che la mancanza di conduttori qualificati nel nuovo gruppo potrebbe sfociare in un disastro. Un’altra preoccupazione è che in una nuova opera pionieristica, quanti sono ai margini potrebbero abbandonare la chiesa (i pionieri possono avere una vita difficile). Eppure, un altro motivo per cui ci si oppone alla divisione è la preoccupazione che la nuova chiesa potrebbe prendere delle decisioni contrarie a quelle precedenti della chiesa originaria, il che potrebbe sfociare nel conflitto. Tutte queste preoccupazioni possono essere valide.

Alcune ragioni più deboli per la divisione potrebbero includere queste: ospitare un gran numero di persone significa semplicemente troppo fastidio per i preparativi; ci sono troppi bambini scalmanati a cui badare. Inoltre, le differenze teologiche secondarie rendono più semplice andarsene anziché risolverle o tollerarle. Le motivazioni sono importanti. Perché volete dividere? Le vostre motivazioni sono egoistiche o per servire meglio il corpo di Cristo?

Dall’atra parte, potrebbe essere tempo di considerare una nuova opera, quando ci sono così tante persone a frequentare regolarmente la riunione alla 1 Corinzi 14 che diventa difficile per chiunque desideri parteciparvi. Un altro indizio che è tempo di cominciare una nuova chiesa è quando ci sono così tate persone a partecipare che la casa ospitante non riesce semplicemente a sistemarle tute (non c’è posto dove sedersi). Inoltre, un gruppo ancora più grande genererà naturalmente una certa perdita d’intimità e del rendere conto gli uni degli altri (si può mantenere una rete di amicizie fra così tante persone). Avere una chiesa più piccola incoraggerà anche I più timidi a parlare ad alta voce e a cominciare a imparare come essere essi stessi dei conduttori-servi (grazie all’allenamento sul campo).

Fondamentalmente, diventa un problema di capienza. Se una chiesa vuol essere usata da Dio per essere sempre più di benedizione agli altri, le nuove persone devono in qualche modo essere accolte e sistemate. Tanto per cominciare, dev’esserci posto per loro per partecipare alla riunione! L’unica soluzione biblica a lungo termine per questo è di cominciare una nuova chiesa. Idealmente, la nuova chiesa avrà al suo interno conduttori qualificati, manterrà stretti contatti con la chiesa fondatrice, avrà insegnanti dotati, musicisti, persone disposte a ospitare la chiesa in casa loro, una buona miscela di giovani e anziani, ecc. Però, questo è l’ideale. Non è necessario tutto questo. Il requisito restante è che sia presente qualche genere di conduzione e supervisione mature, o mediante un apostolo o dalla chiesa madre. (Bisogna sottolineare che nessuno dovrebbe essere forzato, costretto od obbligato a fare alcunché riguardo al modo in cui partecipa alla chiesa. Il governo ecclesiale dev’essere basato sull’unanimità, non sul comando. Non dovrebbero esistere assegnazioni arbitrarie, forzate od obbligatorie su chi deve andare dove e quando).

Nelle chiese più consolidate c’è di solito chi è davvero consacrato, chi è venuto fuori dalla comodità ma che non crede davvero di stare seguendo i modelli neotestamentari, chi vive nelle vicinanze e forma la comunità di base, chi fa il pendolare venendo da lontano, chi è celibe (i single), e anche chi fa da mentore (gli anziani). Questa miscela dovrebbe essere presa in considerazione dai conduttori quando valutano la nascita di una nuova chiesa, che scaturisca da una chiesa esistente.

Per riassumere, quando viene raggiunta la sua capacità di accomodare le persone, una chiesa ha parecchie opzioni:

1. Restare la stessa e smettere di crescere numericamente. In questo scenario, alla fine si proverà fastidio per i nuovi arrivati, che verranno considerati un problema. Percependo questo, o I visitatori non torneranno una seconda volta o se ne andranno presto in cerca di una comunità più accogliente. Sicuramente questo non è nello stile di Dio! Il regno, come il lievito nascosto nella pasta per il pane, è destinato a crescere e a fermentare. Lavoriamo con Dio, non contro di Lui.

2. Costruire edifici sempre più grandi per ospitare sempre più persone. Questa è l’opzione che si sceglie più frequentemente, ma che viola il modello neotestamentario. Il problema è che troppe persone presenti in una singola chiesa cominciano a essere di ostacolo allo scopo per cui, in primo luogo, si tiene una riunione ecclesiale. La dimensione non è necessariamente un indicatore di forza (il grasso non è come i muscoli). Le riunioni alla 1 Corinzi 14 diventano impossibili (ed è così che hanno avuto inizio i culti di adorazione). La Cena del Signore come pasto completo può essere ancora portata avanti, ma diventa difficile, se non impossibile, parlare con tutti i presenti nel corso del pasto visto che si è in tanti. Si perde l’intimità e la responsabilità gli uni degli altri comincia a risentirne. Affrontare I vari problemi che hanno le persone diventa problematico. La chiesa diventa più simile a un’attività lavorativa che a una famiglia.

3. Dividere la chiesa in maniera alquanto uniforme, suddividendo le forze e le debolezze nel modo più equo possibile, così come le persone vengono guidate dallo Spirito (e non costrette).

4. Inviare porzioni inferiori (sottoinsiemi) dal gruppo principali a cominciare nuove opere. Ad esempio, restano due terzi e un terzo se ne va. Il sottoinsieme che formerà la nuova chiesa avrà un peso da parte di Dio per farlo; non sarà adoperato alcun metodo coercitivo.

Alla fine della giornata, ci si deve chiedere: “Qual è il parere del Signore su questo? Qual è la volontà di Dio per la nostra chiesa?”. Restiamo sintonizzati sulle Sue frequenze e ascoltiamo che cosa Egli ha da dire!

— Steve Atkerson
02/02/’07

(trad. Antonio Morlino)
05/10/’07